Maggio 2023
Ciao! Sono Chiara Pedrocchi e questa è la mia newsletter mensile (approda nella tua casella di posta ogni ultima domenica del mese, come quasi tutti i mercatini dell’antiquariato) e questa di maggio più che una newsletter è una riflessione a voce alta.
Complici le liste, gli spunti, gli obiettivi che mi ero posta, avrei creduto di riempire questa newsletter di contenuti, link da cliccare e di lavori portati a termine. Avrei creduto anche che non farlo avrebbe significato aver sprecato l’occasione (o le occasioni) che mi trovo davanti, non aver individuato storie a cui dedicarmi, non essere all’altezza del luogo in cui mi trovo.
La verità, invece, è un’altra, ed è molto più banale di così: questo mese sono stata avvolta, travolta e risucchiata dal qui ed ora, dalle conversazioni che dalle presentazioni di aprile sono diventate lunghe confessioni, dalle proposte di stare insieme ancora un po’, dai sediamoci su questa panchina, dai un’ultima cosa, dai solo 5 minuti, ed è stato così bello che ho rimandato tutto il resto. Vuol dire che non resterà traccia di tutto questo? Ovviamente no, ho ore e ore di registrazioni e pagine e pagine di diario di campo scritto con le ultime energie della giornata (una piccola parte la trovi qui), ho forte il desiderio di cercare e trovare le parole per restituire almeno un po’ del tutto senza farlo con una bulimia di fotografie, di parole e di racconti ma pesando le parole, facendolo lentamente (malembe malembe, per chi ha ascoltato il primo episodio del podcast), dandomi il tempo di fare ordine.
Mi riallaccio alla newsletter del collettivo FADA – che stimo molto e che consiglio sempre a tutt* di seguire – che questo mese ha voluto mettere al centro la parola stanchezza, non tanto come concetto individuale quanto come concetto collettivo, soprattutto per quanto riguarda l’ambito del giornalismo. È una sensazione che purtroppo conosco benissimo e che per questo mese ho scelto di contrastare a costo di, come dicevo, inviare questa mail un po’ vuota di rimandi ma spero non di concetti, in favore della stanchezza fisica di un corpo che la sera chiede solo una doccia e un letto, di quella emotiva e psicologica, ma gestibile con la psicoterapia e con il confronto con chi in altri campi sta facendo lo stesso lavoro, e di quella mentale, curabile con il riposo.
Ho potuto permettermelo perché so che ci sarà il tempo dell’elaborazione – non avere finito nulla non significa che non lo stia facendo, anzi spero ne sia valsa la pena ma questo starà ad altri decretarlo – ma non sempre è possibile e non sempre è sostenibile, e bisogna lottare contro questo. Ma qualcosa si sta muovendo.
Campi
-Ok, tante belle parole, ma di fatto, con tutta questa lentezza, a cosa stai lavorando?
A una lunga lista di cose: coi ragazzi del corso di inglese stiamo facendo un approfondito lavoro di riflessione sulla loro generazione. Io sono principalmente su tre campi: la comunità parrocchiale, la casa dei padri Guanelliani che accoglie les enfants de la rue, i bambini di strada, una comunità di suore con bambini e donne disabili; sto raccogliendo tutte le storie che mi vengono raccontate, che sia quando chiedo o quando qualcuno lo fa spontaneamente, sapendo che non andranno perse.
Chiudere i cerchi - un aneddoto
Il primo articolo che ho scritto per .eco, a gennaio dello scorso anno, è stato questo: Rallentare la nostra sfrenata corsa: i BaNande ci insegnano il valore della sospensione. Ovviamente io, i BaNande, li avevo studiati solo sui libri di antropologia. Lunedì ho fatto un’intervista a un uomo della comunità, e senza che gli avessi chiesto nulla né sapessi a quale tribù appartenesse a un certo punto si è messo a raccontarmi proprio gli stessi riti di cui avevo scritto, facendomi sentire nel posto giusto al momento giusto.
Normalmente parlo di Ko-Fi in fondo alla mail, proponendoti, se ti va, di sostenere il mio lavoro offrendomi un caffè virtuale. Questa volta lo faccio qui rilanciandoti la proposta, ma dicendoti anche che le donazioni che riceverò durante la mia permanenza qui andranno alla missione saveriana di Limete, dove mi trovo, che proprio questo mese ha iniziato la costruzione di una nuova ala della scuola materna. Questo il link se vuoi e puoi fare una piccola donazione.
Una piccola cosa che puoi fare per sostenere me, invece, è dare un voto - da 1 a 5 stelle - al mio podcast Mi devi raccontare dall’app Spotify: è questione di pochi secondi ma gli dà visibilità.
Alla fine di maggio:
Sto leggendo: sto iniziando Teoria dal sud del mondo. Ovvero, come l’Euro-America sta evolvendo verso l’Africa, di Jean e John L. Comaroff.
Sto guardando: nulla perché l’unico accesso a internet e con hotspot, ma aspetto consigli – anche in risposta a questa mail! – su tutto quello che dovrò recuperare quando tornerò.
Sto ascoltando: la mia top 3 secondo Receptify: De la renta – Fally Ipupa (va così di moda qui che oltre ad ascoltarla su Spotify la sento a tutto volume anche ogni volta che apro la finestra) ; Enfant de la rue – Tiken Jah Fakoly, Grand Corps Malade (leggi anche il testo e stay tuned); Dibi dibi rek – Ismaël Lô.
Con il bottoncino qui sopra puoi inoltrare questo numero della newsletter a un* amic* a cui pensi possa interessare (e se ti è stata inoltrata ti puoi iscrivere con quello qui sotto):
Noi ci risentiamo alla fine di giugno, con nuove storie e aggiornamenti. Tu, intanto, non smettere di andare a fondo delle cose, e di sostenere chi, con tenacia, prova a farlo ogni giorno.